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Introduzione
Sommario

Presentazione di Joseph Országh

Curriculum vitae di Joseph Országh

Lavori scientifici di Joseph Országh

Eco-consumo di acqua

*In francese 'EAU' significa acqua e 'AUTARCIE' significa autarchia, o di un sistema auto-sufficiente, indipendente da influenze esterne: EAUTARCIE, [pronunciato « O-tar-si »] è quindi un neologismo...

Il concetto EAUTARCIE è una delle possibili forme di igienizzazione ambientale con una caratteristica distintiva: invece di concentrarsi sui problemi, cerca soluzioni semplici, efficienti ed economici, alla radice dei problemi. Un'altra caratteristica: adotta un approccio olistico che prende in esame diversi impatti ambientali.

Il testo contenuto in questa pagina è stato pubblicato per la prima volta in francese su www.eautarcie.com: dicembre 2008

Il testo all'interno di questa pagina è stato pubblicato su www.eautarcie.org il: 2017-03-09

Aggiornamento: 2017-03-09

Sui miei lavori scientifici

Un approccio scientifico « All-Inclusive »

Le soluzioni tecniche proposte dal sistema EAUTARCIE sono così semplici ed elementari che il lettore potrebbe legittimamente chiedersi se non c'è un po' di dilettantismo empirico coinvolto. « Costruire una toilette a secco come il GCS o semplicemente filtrare l'acqua piovana per uso potabile non può essere il risultato di una ricerca sofisticata ». Molte volte ho sentito questo tipo di riflessione che inizialmente mi risultava difficile da comprendere.

D'altro canto un numero crescente di famiglie ha adottato il sistema e sono pienamente soddisfatte. Vedo la prova di questo ogni giorno dalla corrispondenza abbondante che ricevo dai lettori del sito web EAUTARCIE. E' solo attraverso le numerose domande ricevute che mi sono reso conto di come l'apparente semplicità del sistema nasconde una realtà scientifica complessa che sconcerta gli specialisti anche moderni. Eppure io non sono più intelligente o imparato che i miei colleghi scienziati, ma sono costretto a concludere che per capire il mio lavoro è richiesto un approccio che si trova fuori dai sentieri battuti, al di fuori della convenzione standard. Ciò che mi distingue dagli altri è il mio approccio olistico e interdisciplinare.

Come scienziato, io aderisco a una scuola di pensiero all-inclusive, per cui invece di fare ricerca in una sola specialità, preferisco l'adozione di una visione globale che abbraccia molti campi scientifici differenti. Tale approccio è raramente apprezzato, a volte anche disprezzato. Non mi lamento, anzi. Uno specialista è un po' limitato ad un ristretto campo di conoscenza. A meno di non essere genio universale, nessuno può eccellere in tutte le sfere. I problemi di tutti i giorni e di vita reale, riguardano raramente singoli specialisti; di solito ne coinvolgono molti di più. Nel corso della mia lunga carriera, mi sono reso conto che la specializzazione scientifica può inavvertitamente impedire la scoperta di soluzioni interessanti. Questo è il motivo per cui ho sempre insistito per scavare in ambiti che vanno oltre tali limitazioni.

Il mio status di « emarginato » dagli ambienti specializzati e l’ essere privato del finanziamento della ricerca da decisori politici, industriali e accademici hanno fornito alcuni vantaggi:

Il poter cercare soluzioni senza dovermi preoccupare dei gruppi di interesse industriali o politici;

Il non aver bisogno di sprecare energia preziosa sulla pubblicazione a tutti i costi per soddisfare gli sponsor della mia ricerca o per riempire il mio curriculum vitae;

La mancanza di fondi mi ha costretto a cercare - e trovare - le soluzioni meno costose. Queste a loro volta spesso si sono rivelate le soluzioni più semplici e più efficaci.

Nel corso della mia carriera ho osservato l'efficacia di questo approccio innovativo e dallo spirito libero. Un punto di vista di un profano sui problemi fornisce una prospettiva esterna e nuove intuizioni libere da dogmi, pregiudizi e preconcetti con conoscenze utili derivanti dalle sfere fuori dal campo di uno specialista. Questo metodo mi ha permesso di scoprire le realtà che sono nascoste da idee e credenze, o talvolta velate dal dogma scientifico dominante.

Tuttavia mi riservo il diritto di sbagliare. Come tutti gli altri, posso essere in errore. Nella mia lunga carriera, di fronte a fatti nuovi, diverse volte ho dovuto modificare la mia posizione su questo o quel problema [1]. Molto spesso però, la mia intuizione iniziale si è rivelata fondata.

[1]
Per esempio, ho lottato a lungo per convincere il pubblico ad utilizzare servizi igienici a secco. A malincuore ho dovuto ammettere l'ovvio: una schiacciante maggioranza si rifiuta di prendere in considerazione l'abbandono dello sciacquone. Non pensavo che i centri di impregnazione e di compostaggio che ho descritto nel 1999 sarebbero arrivati in fretta. Nel 2011, l'inizio del primo centro ha completamente cambiato la situazione. Le acque nere delle fosse settiche nazionali è impregnata su materia a base di carbonio cellulosico per produrre un’ammendante organico molto apprezzato. Quindi, anche in aree periurbane e rurali, ricorrere ai gabinetti a secco non è più obbligatorio. Esistono due opzioni. Le acque di scarico dei WC a basso flusso possono essere scaricate in una fognatura riservata esclusivamente per l'acqua nera che viene trasmessa ad un centro di impregnazione e di compostaggio per il trattamento, o in un serbatoio settico per la rimozione e il trattamento in seguito al detto centro. Anche coloro che vivono in appartamenti di città potrebbero, in un prossimo futuro (speriamo), aiutare a proteggere l'ambiente altrettanto efficacemente come se stessero usando una toilette a secco appropriata. Quando nel 1980, ho iniziato a parlare di servizi igienici a secco, gli ambientalisti erano totalmente indifferenti al mio discorso. Venti anni dopo si rendono conto di quanto siano utili le toilette a secco. Ironia della sorte, ora che affermo che i servizi igienici a secco non sono assolutamente necessari, si scandalizzano.

Verso la fine della mia carriera, all'inizio di ogni nuovo anno accademico, incoraggiavo i miei studenti a mantenere una mente veramente aperta di fronte a un problema scientifico, come quella di un bambino che ignora tutto della vita. Sorprendentemente, questo è un esercizio difficile, che richiede uno sforzo, soprattutto quando si è imparati. Per fortuna, io non lo ero.

Lo svantaggio principale delle mie scelte, è stato quello di essere privato dei mezzi di diffusione della conoscenza che avevo acquisito. I risultati delle mie opere e l'approccio che le sottende hanno sconvolto l'istituzione a molti livelli:

Gli specialisti trovano difficile ammettere che uno scienziato fuori del loro cerchio possa trovare soluzioni che essi possono aver trascurato;

In un mondo in cui tutte le attività umane sono mosse dal denaro e dal profitto, le semplici soluzioni tecniche che non forniscono nessun beneficio finanziario, sono destinate al fallimento. I mezzi per proteggere l'ambiente e salvare la biosfera sono accettati solo a condizione che possano generare profitti.

Si può quindi comprendere il disprezzo da parte dei responsabili delle decisioni politiche ed economiche per il mio lavoro. Fino ad oggi, nessuna autorità politica o amministrativa e nessuna associazione ambientalista, ha ritenuto utile esaminare le mie opere o aiutarmi a diffondere le idee che sostengo a coloro a cui potrebbe importare. Posso solo sognare di tale aiuto.

Il punto di partenza dei miei lavori

Alla fine degli anni'50, avevo già preoccupazioni per il futuro del nostro pianeta. A dispetto dell’euforia scientificamente trionfale di quell’epoca, ho sentito un certo disagio indefinibile per quanto riguarda i progressi tecnici e l'estrazione illimitata di tutte le risorse disponibili. Ero d'accordo con i miei colleghi che credevano che la scienza avrebbe risolto tutti i mali dell'umanità. I miei dubbi, derivavano dalla mia ammirazione e nostalgia giovanile per i primi scienziati del periodo rinascimentale o inizio-industriale? Chi lo sa?

E'stato difficile trovare la mia strada. Per i primi anni della mia carriera, non sapevo cosa ricercare. Come molti, mi sono imposto di pubblicare tutto quello che potevo, anche se non avevo niente da dire. Il primo obiettivo è stato quello di riempire il mio curriculum vitae. Come tale, stavo in realtà solo imitando i miei capi scientifici. Mentre revisionavo gli appunti di molti « grandi capi » universitari del mio entourage, mi deluse lo scoprire che molte pubblicazioni contenevano molte poche novità, molto spesso senza alcuna idea originale. Gli imponenti elenchi di pubblicazioni di molti di questi capi erano davvero solo variazioni di un tema che era già stato eccessivamente sfruttato.

Quindi ero contento della possibilità di allontanarmi da tutto ciò quando sono partito per l'Africa tropicale. Là, mi sono brutalmente confrontato con le realtà più dure, la principale delle quali era l'approvvigionamento idrico. Come un bambino che viene gettato in acque profonde, ho subito imparato a nuotare istintivamente, e ho trovato la mia strada.

In Lubumbashi, città di quello che ora si chiama Zaire, ero costernato di vedere che, mentre piogge tropicali duravano per settimane, i rubinetti all'interno delle case erano disperatamente prosciugati. L'idea di raccolta dell'acqua piovana per il riutilizzo domestico diventò evidente. Questo è stato il punto di partenza di un approccio scientifico a cui ho dedicato gli ultimi 30 anni della mia carriera universitaria. In realtà, io sto ancora inseguendo la mia ricerca (2015), 45 anni dopo aver costruito la mia prima toilette a secco e 43 anni dopo aver impostato il mio primo sistema di raccolta dell'acqua piovana per l'acqua potabile.

Acqua piovana e Igiene

Un fatto analitico si è rapidamente imposto: per tutto il suo ciclo naturale, l'acqua è di gran lunga più pulita quando cade dal cielo. Considerando l'aumento dell'inquinamento dell'acqua diffusa al tempo (1971), non era difficile supporre che nei decenni a venire, la pioggia avrebbe rappresentato l'unica fonte d'acqua pura a rimanere a disposizione di tutti.

Un'altra scoperta, non molto accademica (ma sembrava essere stata trascurata dai miei colleghi), è stata quella di notare che l'acqua piovana raccolta in una cisterna di cemento era complessivamente di migliore qualità di quella che cadeva su un tetto. Quando i miei colleghi parlavano di acqua piovana facevano sempre riferimento a quella raccolta nelle stazioni meteorologiche. Tale acqua non mi interessava: era troppo acida e carente in minerali. Una cisterna di cemento, o fatta di pietra o in muratura di calcestruzzo contiene sempre acqua chimicamente neutra e leggermente mineralizzata: quanto basta per rimanere fresca e leggermente calcarea.

Una volta rimosso il contenuto batterico, l'acqua ottenuta era acqua potabile di alta qualità. Non sospetto il fatto che nella mia ricerca ho invaso il business del settore delle acque. Ingenuamente credevo di aver solo bisogno di presentare fatti analitici per fare ammettere a tutti che la microfiltrazione dell'acqua piovana era la strada da percorrere. Proposi acqua potabile di alta qualità [2] per una frazione del costo dell'acqua in bottiglia. Pensai che il dibattito degli ambientalisti sulle bottiglie di plastica a perdere non sarebbe più stato un problema: niente più inquinamento da bottiglie di plastica, il loro trasporto o pulizia.

[2]
Ciò avvenne circa 15 anni fa. Al giorno d'oggi,
l'acqua piovana in bottiglia della Tasmania è venduta ad un prezzo estremamente alto in alberghi di lusso. Al contrario, tale acqua è disponibile a tutti ad un costo da 0,01 a 0,02 € per litro quando raccolta e filtrata secondo il sistema PLUVALOR.

Avevo però trascurato la resistenza da parte dei monopoli dell’acqua potabile in bottiglia. Dal momento che non potevano contestare i miei fatti analitici per sottomettermi, questo settore mi ha ricambiato invocando il suo argomento di primaria importanza: l’igiene. Questo è un concetto che ha origine alla fine del 19° secolo, ed è infatti la base di tutta l’attuale medicina scientifica. Può essere ripreso in due punti:

La fonte della maggior parte delle nostre malattie sono i microrganismi e come tali questi provengono dall'esterno dei nostri corpi e praticamente mai dall'interno del nostro corpo;

Per prevenire le malattie abbiamo solo bisogno di uccidere tutte queste creature che vivono nelle nostre vicinanze.

Mi sentii quindi tenuto ad esaminare la vera base scientifica di questo punto di vista.

Avendo avuto la mia formazione in elettrochimica, mi concentrai sull'interfaccia tra l’elettrochimica e la biologia. Questo mi portò a scoprire l'esistenza di un ramo scientifico sconosciuto: la bio-elettronica, sviluppata nel 1950 da un francese, il professor Louis-Claude Vincent. A quel tempo non sapevo che la teoria bio-elettronica di Vincent (BEV) fosse una scienza disprezzata. I miei colleghi della Facoltà di Medicina mi ricordarono subito che era considerata una pseudo-scienza, senza seri fondamenti. D'altra parte, imparai anche che per 20 anni, la BEV era una pratica accettata in ospedali francesi ed era ancora in uso da alcuni medici.

Incuriosito da questa contraddizione approfondii maggiormente le basi scientifiche della BEV. Il mio intento iniziale era quello di annullare una tale pseudo-scienza una volta per tutte. Non sarebbe stato difficile trovare il problema: la nozione di attività elettronica, espressa dal valore rH2. Una volta raccolti tutti i dati disponibili, avevo intenzione di scrivere un articolo per dimostrare che la BEV era infondata. Ma per fare questo, dovetti prima capire la filosofia di Louis-Claude Vincent, il suo modo di pensare. Iniziai quindi eliminando gli errori di formulazione. Eppure, più mi approfondivo nella teoria, più mi rendevo conto quanto brillante il pensiero di Vincent fosse. La BEV non solo era fondata, ma le sue applicazioni in biologia, medicina ed elettrochimica aprirono prospettive nuove e promettenti.

Felice di questa scoperta, lavorai su un articolo per la rivista « L'actualité chimique » pubblicato dalla Société Française de Chimie, (cioè Società di Chimica Francese) di cui ero membro. Nel mio articolo, chiedevo la riabilitazione della nozione di rH di W.M. Clark , che è stata annullata nel 1924 dalla American Chemical Society in una procedura che si rivelò essere una sorta di inquisizione scientifica. In ultima analisi, Vincent e la sua BEV sarebbero stati negli anni successivi vittime inconsapevoli di questa precedente inquisizione.

Grazie alla BEV, capii finalmente che la formazione di composti organoclorurati (spesso tossici) dopo la disinfezione dell'acqua con il cloro, era solo un aspetto minore della nocività di tale biocida. Le modifiche causate dal cloro all’attività elettronica del nostro corpo sono state la fonte del lento deterioramento della salute. Vincent quindi aveva ragione quando affermava il carattere dannoso e insidioso di un trattamento delle acque ossidante. La disinfezione chimica potrebbe quindi essere giustificata solo per le reti di distribuzione pubbliche (e ancora è possibile trovare città in cui la distribuzione dell'acqua centralizzata esclude l'uso di cloro). La situazione diventa completamente diversa quando si riutilizza l'acqua piovana per la casa.

Da un punto di vista chimico-fisico, l'acqua piovana conservata in una cisterna priva di cloro era perfetta. C’era solo bisogno di eliminare i batteri, non con un trattamento chimico, ma con una semplice filtrazione.

Comitato Consultivo dell’acqua della regione Walloon

Nel 1989, ben dopo il mio ritorno in Belgio dall'Africa, diventai un membro della Commissione delle Acque della Région Wallonne. In questo comitato, il cui ruolo era quello di sorvegliare l'attuazione della legislazione sulle acque, ho rappresentato il referente del Belgio di « Friends of the Earth- International ». Ero proprio in prima fila a vedere e capire i problemi idrici del paese. Il comitato venne appositamente costituito per risolvere questi problemi. Le università vennero mobilitate per trovare soluzioni per l'approvvigionamento idrico e il trattamento delle acque reflue della città. La Regione Walloon (3,2 milioni di abitanti) era sul punto di investire l'equivalente di cinque miliardi di euro per i servizi igienico-sanitari.

Pensai che « fosse arrivato il mio momento »: di proporre soluzioni semplici, economiche ed efficienti. Il mio sistema per l’acqua piovana PLUVALOR avrebbe potuto garantire la fornitura di acqua potabile di alta qualità e allo stesso tempo ridotto la domanda sulle nostre riserve idriche tradizionali. Il mio sistema di trattamento selettivo delle acque grigie TRAISELECT sarebbe stato in grado di fornire risposte al trattamento delle acque reflue nelle zone suburbane, rurali e residenziali.

Ero così contento di presentare queste soluzioni al comitato e di mostrare il risparmio approssimativo coinvolto. La mia proposta comprendeva la riduzione dell'area complessiva servita dal trattamento centralizzato delle acque reflue di ben il 60-75%. I potenziali risparmi numerati in molti miliardi di euro. Inoltre, la raccolta diffusa di acqua piovana come per il sistema PLUVALOR avrebbe ridotto il consumo di acqua di almeno il 40%! Il conseguente miglioramento nella qualità dell'acqua potabile avrebbe anche potuto aiutare a ridurre le spese di assicurazione sanitaria.

Il risultato più spettacolare avrebbe riguardato l'ambiente. I fiumi gravemente inquinati e i torrenti situati nei pressi dei quartieri residenziali avrebbero potuto essere riportati alla loro purezza originaria in meno di 2 anni dalla realizzazione del sistema TRAISELECT. Nella Regione Walloon, la trota e la pesca al salmone, avrebbero potuto ristabilirsi come attività del tempo libero, contribuendo anche ad un maggiore turismo.

Eppure, dopo la mia presentazione al comitato, fu strano vedere come il discorso delle società di distribuzione di acqua cambiava immediatamente se confrontato con il loro atteggiamento allarmista iniziale di fronte alla minacciosa carenza d'acqua e all'inquinamento delle acque. Era stato chiesto al Comitato di fornire loro i mezzi per proteggere le riserve di acqua. Dopo la mia denuncia sulla potenziale raccolta di acqua piovana, questi stessi signori dichiararono che « nella regione Walloon c'è abbastanza acqua ed è di buona qualità: di conseguenza, è in realtà inutile recuperare l'acqua piovana ». Inoltre, « l’uso domestico di acqua piovana è pericoloso per la salute pubblica ».

Dopo la reazione avuta per la mia presentazione nel 1992 sul trattamento selettivo delle acque reflue, fu un po 'sgradevole’ (per usare un eufemismo!) il fatto che essa venisse da tutti quelli coinvolti nel settore delle acque: le società di distribuzione di acqua, società di impianti igienico-sanitari, rappresentanti governativi, ingegneri dei servizi igienico-sanitari, ecc. I potenziali risparmi e miglioramenti dei corsi d'acqua non sembravano interessare i membri del comitato.

Le visioni stabilite sono durature

Potevo capire le reazioni dei membri più influenti del Comitato (principalmente ingegneri sanitari), almeno a livello umano (se non su quello scientifico). Quando ad uno specialista che ha dedicato la sua vita al trattamento delle acque reflue convenzionale viene detto che per proteggere l'ambiente è meglio non trattare le acque reflue, la cosa può essere un po frustrante. Era difficile per loro accettare la mia « scoperta » che l'ingegneria sanitaria attuale si basa sul discutibile dogma scientifico asserente che le acque reflue della città devono essere trattate a tutti i costi per la protezione dell'ambiente e della salute pubblica.

Esaminare il mio approccio richiede ovviamente una certa flessibilità e la mente aperta. Eppure, la mia proposta era semplice: una volta che si ammette l'idea che il risultato finale del trattamento delle acque reflue non è la depurazione delle acque ma piuttosto la protezione dell'ambiente (e della salute pubblica), si scopre il carattere discutibile e perfino dannoso dell’applicazione convenzionale delle tecniche di risanamento per il trattamento delle acque reflue urbane. Purtroppo per me, dovetti dar ragione a questo detto: non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Per comprendere la mia idea è sufficiente misurare l'azoto prodotto dal trattamento delle acque e valutare il suo impatto ambientale su scala planetaria. Il trattamento delle acque convenzionale distrugge la materia organica azotata mediante ossidazione biologica. Viene quindi rilasciato l'azoto in forma di nitrati. Questi finiscono in natura, drenati con l'acqua trattata ma soprattutto vengono rilasciati con i fanghi di depurazione. Il trattamento terziario (denitrificazione e rimozione del fosforo) finisce per essere applicato ad un decimo dell'azoto che inizialmente viene inserito nell'impianto. In ultima analisi, il trattamento convenzionale riesce soltanto a trasformare la preziosa materia organica in inquinamento della biosfera da nitrati e fosfati [3].

Ma l'inquinamento da nitrati non è la conseguenza più grave. La rimozione della biomassa fecale dai grandi cicli del carbonio, azoto e fosforo della natura ha conseguenze più disastrose. Se si considera l’esplosione della popolazione mondiale, la biomassa fecale umana - tra cui l'urina - non è una quantità trascurabile. Il suo contenuto di azoto è una quantità equivalente a quasi la metà di tutto l’azoto utilizzato in agricoltura a livello mondiale, l'altra metà è costituita dalle deiezioni animali. I fertilizzanti sintetici hanno attualmente sostituito tali ammendanti naturali del suolo. In un mondo sovrappopolato, dove i terreni agricoli sono degradati e stanno scomparendo a causa di un’impropria e insufficiente aggiunta di sostanza organica, non possiamo permetterci il lusso di distruggere preziosa biomassa fecale umana semplicemente per scopi di trattamento delle acque reflue. A quel tempo, non mi rendevo conto che la versione di EAUTARCIE di ECOSAN (che noi chiamiamo SAINECO) avrebbe potuto diventare il punto di partenza per mantenere il cambiamento climatico sotto controllo, ma istintivamente sentivo la sua importanza.

Senza dubbio le mie soluzioni proposte per questo problema diventarono il pretesto per respingere le mie opere. L’attuazione del mio GCS (Gabinetto per compostaggio a secco) come misura selettiva per sostituire il trattamento delle acque nere venne ritenuto inaccettabile. Quando la gente sente la parola « toilette a secco » le orecchie gli si chiudono e non ascolta più. Rifiutano anche soluzioni tecnicamente valide perfino per abitazioni urbane. Questo è un vero peccato perché l'implementazione di tutte le mie proposte avrebbe portato a risultati immediati e spettacolari.

Una riduzione dal 20 al 25% del consumo urbano di acqua;

Tutte le acque grigie sarebbero diventate disponibili per l'agricoltura, senza costosi trattamenti e soprattutto senza rischi per la salute;

Eliminazione dell’inquinamento dei fiumi da parte del settore residenziale;

Bonifica dei terreni agricoli e rigenerazione del suolo grazie alla sostanziale aggiunta di humus.

Io ovviamente non mi aspettavo che i miei suggerimenti venissero considerati senza riserve e che le politiche dell'acqua aderissero al mio punto di vista. Ma mi aspettavo che sarebbero almeno stati esaminati e testati tramite una sorta di progetto pilota.

Le mie opere gettarono dubbi su molte certezze stabilite dall’ingegneria sanitaria. Un altra delle mie « scoperte » fu notare e soprattutto portare avanti un fatto analitico noto: le tecniche di scarico delle acque reflue hanno un impatto ambientale negativo che supera di gran lunga quello delle tecniche di trattamento delle stesse. Quando si confrontano lo scarico di acque reflue in un fiume con la loro infiltrazione nel terreno, la differenza è spettacolare. Questo è ciò che mi ha portato a « riscoprire » tecniche semplici, efficienti e poco costose, come ad esempio la « foto-purificazione » (trattamento delle acque grigie per mezzo di luce del giorno) e la « pedo-purificazione » (inquinanti rimossi dal terreno). La maggior parte degli ambientalisti sono scioccati quando leggono che la purificazione delle acque grigie è del tutto inutile anche attraverso l'uso di piante. La fitodepurazione di acque grigie nelle regioni aride è uno spreco ambientale a causa della perdita di acqua che si verifica durante il processo.

Mi confrontai quindi con una serie di punti di vista stabiliti dalle dubbie basi scientifiche. Uno di questi punti di vista prevede che meglio si trattano le acque reflue urbane, meglio si protegge l'ambiente. Quando in realtà misuriamo l'impatto, è infatti il contrario che si verifica: quanto più si trattano le acque, tanto più si distrugge l'ambiente. Questo può sembrare assurdo per gli ingegneri della depurazione dell’acqua. Tuttavia questo può essere facilmente verificato con esperimenti relativamente semplici. È sufficiente redigere un bilancio dell’azoto relativo al trattamento delle acque della città. Se la quantità di azoto che entra in un impianto di igienizzazione è definita a 100%, è necessario quindi misurare la percentuale di azoto denitrificata, ossia la quantità che viene rilasciata dall’impianto di trattamento insieme all'acqua trattata e ai fanghi di depurazione. È necessario estendere questa valutazione fino a quando i fanghi di depurazione vengono riutilizzati su terreni agricoli, e si scoprirà quindi che la grande maggioranza di azoto che entra nell'impianto di depurazione in realtà finisce in natura, sotto forma di inquinamento da nitrati [4].

[4]
L’ulteriore trasformazione dei fanghi per la produzione di biometano rilascia anche azoto organico, in forma di ioni ammonio, che sono altrettanto dannosi per l'ambiente, come i nitrati. I tassi di assorbimento di azoto delle piante dipendono altamente da quando il fango viene distribuito sulla terra e da quali colture o specie vegetali devono essere coltivate.

Per capire meglio la principale nocività del trattamento delle acque reflue, sarebbe più opportuno considerare il valore biologico della materia organica contenuta nelle acque reflue (cioè potenziale humus) che viene distrutta nel processo. Purtroppo gli ingegneri sanitari non hanno familiarità con il processo che trasforma la materia organica in humus stabile per il suolo. Questo mi portò a mettere in discussione un'altra visione stabilita: si presume che per generare humus è necessario semplicemente aggiungere la materia organica al suolo. Questo è del tutto falso.

Gabinetti a secco: il meglio e il peggio

Coloro che non hanno tentato di comprendere il mio pensiero affermano che voglio costringere tutti a tornare alle latrine invece dei servizi igienici a sciacquone. Non è necessario essere imparati per capire che questo non è vero.

Tuttavia, ciò che rimane vero è che la purificazione delle acque nere è una tecnica che non dovrebbe esistere in un mondo sostenibile.

Sapevo tutto questo più di 30 anni fa ma allora, l'uso generalizzato di gabinetti a secco sembrava totalmente utopistica e alquanto incompatibile con i moderni comfort. Questa fu la mia conclusione quando diedi un’occhiata ai servizi igienici a secco che erano allora sul mercato. Nella mia analisi conclusi che i gabinetti a secco di tipo scandinavo, che separavano l'urina dalle feci, erano inquinanti tanto quanto i WC standard. Distruggevano la biosfera allo stesso modo dei water che erano collegati ai più efficienti sistemi di depurazione delle acque reflue. L'unico vantaggio che presentavano era che essi non scaricavano acque nere nei fiumi e nei torrenti. Tale rapporto non incentivò i produttori di toilette a secco e gli « eco-intellettuali ».

Depurazione mediante piante: una scusa per non affrontare i problemi reali

Inoltre scoprii anche che la depurazione attraverso l'uso di piante sicuramente non risolveva i problemi generati dai water. Da allora in poi, non solo fui ripudiato da parte delle industrie di approvvigionamento e di trattamento idrico, ma attirai anche l'ostilità degli ambientalisti. Il dibattito è ancora aperto. È necessario solo cercare sul web per tecniche di igienizzazione « alternative » per scoprire che le tecniche propugnate includono « zone umide artificiali per trattamento di liquami » e « gabinetti a secco ». Questo è un errore che ha gravi conseguenze. Una volta che si ammette l'uso di gabinetti a secco, l’acqua nera non deve più essere una preoccupazione. Il « trattamento » delle acque reflue utilizzando piante è inutile e, in effetti, diventa dannoso per l'ambiente da una prospettiva olistica.

Sotto un esame scientifico i sistemi di depurazione più ingegnosi che utilizzano piante, rivelano una realtà veramente deludente. Nelle regioni più secche del mondo, tali sistemi sono perfino suicidi.

Il Principio del GCS: Gabinetto per Compostaggio a Secco

In alternativa vi propongo un uso generalizzato del principio del GCS. Ciò comporta un trattamento specifico e distinto (cioè un trattamento selettivo) delle acque grigie (acqua saponata) e la produzione di acqua nera concentrata (fanghi fecali). I « fanghi fecali » devono essere trattati in modo selettivo ma congiuntamente e in concomitanza con materia vegetale contenente cellulosa e con la componente fermentabile (organica) dei rifiuti urbani. Questa è l'unica soluzione se vogliamo ripristinare le attività domestiche all'interno dei cicli del carbonio, azoto e fosforo. In termini finanziari questa opzione è meno costosa dei servizi igienico-sanitari convenzionali anche nelle grandi città eppure protegge l'ambiente ben al di là delle più rosee previsioni.

Devo insistere sul fatto che questo principio è anche trasponibile agli alloggi ad alta densità delle città. Il mio scopo non è quello di costringere tutti ai servizi igienici a secco, e ancor meno alle latrine.

La « Scoperta » del GCS

Fu nel 1969 che costruii la mia prima toilette a secco. La mia famiglia rifiutò di usarla. La installai quindi nella nostra casetta da giardino. Più di 10 anni dopo, nel 1980, iniziai a parlare della mia esperienza in pubblico. A quel tempo il mio discorso sulla necessità di smettere di usare i water fece sorridere. Alla mia prima conferenza sul tema il pubblico si fece una bella risata. Da allora ci sono voluti 25 anni al pubblico per prendere sul serio questa idea e ce ne vorranno senza dubbio altri 50 per convincere i politici e gli ingegneri sanitari. Alcune persone mi hanno nominato come l'inventore del GCS. Io però ritengo che tali servizi igienici dovessero già esistere - a mia insaputa. Io invece sostengo di aver scoperto come funziona questo gabinetto. Gli odori sono controllati (più precisamente inibiti) da reazioni enzimatiche in presenza di cellulosa vegetale. È tecnicamente abbastanza semplice, ma scientificamente complesso.

Feci una scoperta casuale, che l'aggiunta di rifiuti vegetali alle deiezioni previene i cattivi odori. Il mio prossimo intento fu un lavoro scientifico per capire il fenomeno [5].

[5]
L'inibizione dell'azione dell’ureasi da biomassa cellulosica è stata dimostrata da NIMENYA H. et al., Ann. Med. Vet., Vol. 143, pp. 409-414 (1999).

Mescolando le deiezioni con cellulosa vegetale si avvia un processo di formazione dell’humus. Al contrario, tenendo le deiezioni senza cellulosa, si innesca un processo di decostruzione della materia organica. Quando le deiezioni sono state « digerite » senza cellulosa vegetale, non è più possibile creare humus: le deiezioni in ultima analisi diventano inquinamento e un fattore che contribuisce alla distruzione del suolo. La diffusione del letame suino industriale su terreni agricoli è un esempio lampante di questo. I gabinetti a secco che separano le urine dalle feci generano un prodotto finale che è inquinante quanto quello prodotto dall'effluente suino agro-industriale. E 'senza dubbio una delle mie « scoperte » più importanti.

Il principio del GCS consiste dunque nell'accettare che per ripristinare le deiezioni umane (e anche quelle degli animali) nel ciclo di formazione dell’humus, è necessario aggiungere cellulosa vegetale non appena gli escrementi vengono prodotti o almeno prima della comparsa della decostruzione enzimatica spontanea nella materia fecale. Inoltre, per innescare il processo di formazione dell’humus, l'acqua contenuta nelle urine è soddisfacente. Per motivi tecnici si può anche aggiungere altra acqua ma solo un po ' molto meno di quella usata dai water a sciacquone.

Contribuire alla riduzione del cambiamento climatico

Il mio approccio scientifico va ben al di là delle questioni relative al trattamento delle acque reflue o alla fornitura di acqua potabile. Queste tecniche sono solo il punto di partenza di ciò che è necessario fare per contribuire efficacemente a ridurre i cambiamenti climatici e per risolvere i problemi idrici in tutto il mondo in via definitiva. Entrambi sono intimamente legati. Per ulteriori approfondimenti, vai all'articolo su chiavi per frenare il cambiamento climatico.

E'a questo punto che ho formulato una « legge fondamentale » su come funziona la biosfera:

«  Ogni chilogrammo di biomassa vegetale e animale (compreso quella umana) che viene distrutta con il pretesto di trattamento delle acque reflue o per scopi di produzione di energia, contribuisce allo sbilanciamento della biosfera e diventa una fonte di inquinamento delle acque.  »

Gli ingegneri sanitari non sembrano rendersi conto del fatto che la gestione non corretta della biomassa è la fonte di tutti i nostri problemi di acqua in tutto il mondo (esaurimento delle risorse, inquinamento, siccità e inondazioni). Le correnti tecniche di gestione delle acque sono accettate e persino imposte in tutto il mondo: esse servono solo a perpetuare e addirittura aggravare i nostri problemi di acqua. Fortunatamente esistono soluzioni alternative anche se per il momento sono o destituite o proibite.

Per tirare il mondo fuori dai suoi problemi di acqua e ridurre i cambiamenti climatici, le prime iniziative dovrebbero essere volte ad avviare progetti pilota per testare e migliorare le tecniche di prevenzione che affrontano i problemi nel loro punto di origine. I risultati di tali esperimenti dovrebbero essere utilizzati per lanciare un programma globale di gestione sostenibile della biomassa.

Biomassa utilizzata per la Produzione di Energia

Un'altra idea dubbia e potenzialmente pericolosa è considerare la biomassa vegetale come risorsa per ottenere energia rinnovabile, al posto dei combustibili fossili tradizionali. Nonostante il dibattito in corso su questo tema, la questione della produzione agricola per la produzione di energia invece della produzione di alimenti (come avanzato dagli ambientalisti) è in realtà un aspetto minore del problema.

Una volta accettato il già citato « diritto fondamentale » non si può fare a meno di capire quanto sono dannosi per l'ambiente la produzione su larga scala di biocarburanti (ad esempio, biodiesel, bioetanolo, biometano) e l’eccessiva combustione di rifiuti vegetali (per esempio paglia, rifiuti forestali e agricoli, fibra di legno e caffè usati per creare tronchetti artificial o pellet di legno utilizzati nelle caldaie). Ciò non significa che dobbiamo abbandonare la valorizzazione della biomassa come fonte di energia, ma dovrebbe essere fatto diversamente dalla combustione diretta.

In tutte le mie preoccupazioni sulla rigenerazione degli ecosistemi, il contributo scientifico di tre geni non riconosciuti mi ha aiutato moltissimo. Questi sono: Jean Pain, Paul Moray e Louis Kervran.

Jean Pain: Un precursore nel contribuire a salvare il pianeta

Grazie ai lavori di un francese, Jean Pain, sappiamo da 40 anni che il compostaggio aerobico di materia vegetale rilascia energia in modo paragonabile a quella ottenuta dalla combustione diretta della suddetta materia vegetale. Il compostaggio che viene fatto con il metodo Jean Pain, utilizzando scambiatori di calore, può produrre acqua calda fino a raggiungere una temperatura tra 35 e 45 ° C e mantenerla fino a 3 / 6 mesi (a volte più). Tale calore a « bassa temperatura » è perfettamente adatto per il pre-riscaldamento deglii edifici. In contrasto alla combustione diretta, che lascia solo cenere come prodotto finale, questo metodo di compostaggio fornisce compost che può essere riutilizzato per la rigenerazione del suolo e la fertilizzazione. Inoltre, a differenza di quanto accade con la combustione dei biocarburanti, una volta che la materia vegetale ha ceduto il suo calore il compost risultante ritorna alla terra per il beneficio degli ecosistemi. L'agricoltura per la produzione di energia è chiaramente inadeguata in un mondo di sviluppo sostenibile..

Al di là dell'importanza e della quantità di calore prodotto, la differenza evidente tra la combustione e il compostaggio della materia a base di carbonio è che la combustione diretta divora irrevocabilmente e distrugge tutto il carbonio della biomassa convertendolo in CO2 atmosferica extra così come in cenere inorganica, mentre il processo di compostaggio immagazzina e accumula tutta la biomassa carbonica trasformandola in humus organico (senza alcun sottoprodotto), producendo così una sostanza che può essere utilizzata per rigenerare i suoli e migliorare la loro fertilità innata.

Tecnica del cippato di rami (Ramial Chipped Wood o RCW)

Per quanto riguarda il metodo di Jean Pain, è importante menzionare un altro metodo di valorizzazione agricola che è stato sviluppato in Canada, il metodo del cippato di rami (RCW). Si tratta di una tecnica chiave da utilizzare per rigenerare gli ecosistemi danneggiati in tutto il mondo. Tuttavia, per questo scopo, la tecnica canadese deve essere leggermente modificata.

Prima di diffondere RCW sulla terra, sarebbe utile che fosse prima idratato e compostato per generare la produzione di calore a bassa temperatura come nel metodo Jean Pain. Alla fine di questo ciclo energetico parte del compost finale prodotto sarà restituito alla foresta, dove il RCW è stato raccolto al fine di mantenere la propria produzione. L'altra parte sarà utilizzata per fertilizzare i terreni agricoli.

Il compost ottenuto da RCW può essere utilizzato anche per le foreste reimpiantate nelle regioni semi-aride.

Il metodo Jean Pain è solo una delle tecniche disponibili di rigenerazione per l’ecosistema.

Un altro precursore non riconosciuto: Paul Moray

Un'altra chiave per contrastare il cambiamento climatico è la bonifica del deserto. Storicamente sappiamo che molti deserti di oggi erano tanto tempo fa fiorenti regioni di terreno agricolo, praterie boscose e persino foreste. Le regioni che circondano il Mediterraneo forniscono numerosi esempi.

Sappiamo anche che le interazioni tra suolo e clima sono reciproche: il clima determina il suolo e viceversa. Quindi è indiscutibile che la desertificazione sia un processo reversibile.

E'a questo livello che troviamo una tecnica sviluppata da un altro francese, Paul Moray. Il suo pensiero era semplice: invece di piantare alberi, è necessario seminare. Anche in questo caso l'apparente semplicità di questo metodo nasconde una spiegazione scientifica più complessa.

Come Jean Pain, Paul Moray era anche un professionista autodidatta che inizialmente non sapeva assolutamente nulla della silvicoltura. Era un professore di lingua francese che aveva una passione per la mitologia legata agli alberi e per l'etimologia dei nomi degli alberi. Fu durante uno dei suoi viaggi di studio con i suoi studenti che ottenne una preziosa comprensione su un particolare problema

In una regione arida del sud della Francia, dopo aver attraversato una valle cosparsa di frutteti di pesche e albicocche, uno dei suoi studenti richiamò la sua attenzione su un albero di pesco che cresceva in cima a una rupe rocciosa e arida. L'albero aveva molti frutti ma senza alcun segno di innaffiature o di irrigazione. Nella parte inferiore della stessa valle, gli stessi alberi non potevano sopravvivere senza irrigazione continua. Qual era il « segreto » di questa crescita spontanea (da seme), della sopravvivenza dell'albero, e anche della produzione di frutta polposa? Proseguendo lungo la scogliera, trovò altri alberi da frutto che crescevano e prosperavano nelle stesse condizioni « impossibili »: anche arroccate su vecchie rovine in cima ad antiche fortezze.

Incuriosito da questo fenomeno alla fine capì che dopo la semin il seme di un albero emette due germogli, uno rivolto verso l'alto e l’altro verso il basso. Il germoglio rivolto verso il basso è il primo a svilupparsi, eventualmente generando quello che viene chiamato un « fittone » che cresce verso il basso attraverso le fessure della roccia alla ricerca della falda freatica, che può andare ad una profondità fino a 50 metri. Il germoglio rivolto verso l'alto non inizia a crescere fino a quando il fittone non ha trovato acqua e si è pienamente sviluppato.

Questo è un processo che avviene anche nei vivai. Tuttavia, quando si trapianta, il fittone è spesso tagliato e l'albero ripiantato non è in grado di rigenerare un nuovo fittone. Nelle regioni secche un tale albero non può sopravvivere senza irrigazione. Per l'avvio di un nuovo frutteto o foresta su una costa del deserto bruciato dal sole, in ultima analisi, è necessario iniziare da seme.

Questo può sembrare semplice ma è molto più complesso da implementare. Paul Moray sviluppò poi una tecnica di semina per un gran numero di specie arboree, esattamente con il metodo di Jean Pain. La sua tecnica è una delle chiavi per trasformare aree desertiche in fiorenti orti, là dove anche le capre non potevano trovare cibo. E 'anche una tecnica che può liberare valli fertili per altre colture che non possono prosperare senza irrigazione.

Tuttavia, l'opera di Paul Moray ha raccolto solo ostilità da parte degli specialisti forestali. I boschi che erano stati seminati in questo modo dai suoi studenti su terreno incolto abbandonato sono stati strappati dai rappresentanti della Amministrazione Regionale Foreste e Acque. Egli è stato molestato da parte delle autorità e la polizia ad un punto in cui la sua salute in ultima analisi, ha sofferto. E 'morto un uomo disgustato, abbandonato da tutti.

Incendi boschivi: fatalità o stupidità?

Storicamente le foreste hanno mantenuto una buona salute anche nelle regioni aride e disabitate del pianeta. Negli ultimi decenni gli incendi distruggono centinaia di migliaia di ettari di foresta all'anno. Per spegnere questi incendi sono investite considerevoli risorse umane e finanziarie con risultati francamente scarsi, o nulli.

In Europa Jean Pain è stato il primo a sostenere la causa a questi disastri e a proporre soluzioni semplici, efficaci e poco costose.

Perché queste foreste si mantengono per secoli? Semplice: prima dell'era industriale la popolazione utilizzava legna di piccole dimensioni per il riscaldamento e la cottura. L'abbattimento di alberi nelle foreste di proprietà di nobili era proibito. Tuttavia, la raccolta di rami secchi e il taglio dei cespugli attorno agli alberi erano autorizzati. Risultato: gli eventuali incendi boschivi estivi erano alimentati solo con erba secca che ha troppo poco potere calorifico per danneggiare gli alberi. I cespugli, che sono essenziali per la fauna della foresta, erano situati lontano dalle strade forestali e da potenziali fumatori.

Nel sud della Francia (una regione secca) Jean Pain si è impegnato a ridurre ogni anno il sottobosco della foresta in quella parte che era stata affidata alle sue cure. La materia vegetale ottenuta è stata poi sottoposta a compostaggio di cui una parte è stata poi restituita al suolo della foresta e l'altra parte utilizzata per le colture [7]. I 300 ettari di foresta gestita in questo modo si mostra su fotografie aeree come un'isola di verde circondata da boschi vicini devastati dagli incendi. Gli incendi boschivi hanno attraversato il suo appezzamento di foresta ogni anno ma, in assenza di combustibile sottobosco sufficiente, i suoi alberi sono stati risparmiati.

[7]
Con l'aiuto di
scambiatori di calore, una parte del compost è stato usato per riscaldare la propria casa con il calore generato dal compost. Un'altra parte è stata fermentata per la produzione di metano che ha servito in cucina e ha fornito carburante per la sua auto e il biotrituratore.

Incoraggiato dai risultati, Jean Pain propose di sperimentare il suo metodo alla locale amministrazione forestale per l'acqua. L'implementazione del suo metodo avrebbe contribuito a ridurre gli incendi boschivi e alla salvaguardia delle foreste minacciate. Ma come Paul Moray, anche lui ha subito l'ostilità e le vessazioni da parte delle autorità e della polizia. Anche lui è morto infelice e totalmente frainteso.

Verso un mondo sostenibile

La marcia verso un mondo sostenibile è al centro del mio pensiero scientifico [8]. Come discusso in precedenza, non sostengo di aver scoperto tutte queste tecniche di rigenerazione dell'ecosistema. Se c'è una cosa che posso affermare come mia, è la scoperta che le tecniche sviluppate da altri (ad esempio da scienziati disprezzati come Louis-Claude Vincent, Louis Kervran, Jean Pain e Paul Moray) completano reciprocamente se stesse e che si inseriscono all'interno di un gamma di soluzioni innovative per promuovere lo sviluppo sostenibile.

[8]
Dal mio coinvolgimento con il comitato consultivo dell'acqua della Regione Vallone nel 1980, ci sono voluti 25 anni per un paio di specialisti per (ri)scoprire finalmente ciò che ho proposto per anni (pur essendo in gran parte evitato dai decisori). Anche nel 2000 in occasione del « Journées information Eau » a Poitiers (un simposio annuale sulla gestione delle risorse idriche), molti colleghi mi hanno guardato come un pazzo dopo che ho presentato le mie opinioni sull’ingegneria sanitaria. Si spera che la ragione prevarrà di fronte a fatti.

Siamo abituati a sentire che il cambiamento climatico sia dovuto alle emissioni di gas a effetto serra (GHG) principalmente a causa di petrolio, gas e combustione del carbone. Questo è vero, ma spesso ci si dimentica che anche la gestione non corretta della biomassa rilascia una quantità importante di gas serra e distrugge preziosi serbatoi di carbonio. Per ridurre al minimo gli effetti negativi della gestione impropria dell'energia, è importante notare che la distruzione sistematica della biomassa probabilmente ha in questo senso lo stesso impatto.

Tra le tecniche distruttive in corso, ecco alcuni esempi:

Produzione agricola industrializzata: produrre nulla, dovunque e comunque, fintanto che porta profitti. Nel prossimo futuro, tali pratiche agricole non saranno in grado di nutrire adeguatamente la popolazione mondiale in crescita;

Deforestazione massiccia in tutto il mondo, anche dovuta ad incendi boschivi;

Distruzione della biomassa per la produzione di energia tramite combustione;

Distruzione della biomassa per fini di trattamento delle acque;

Impropria gestione dei rifiuti organici e cellulosici.

Nella situazione attuale diventa urgente attuare un programma di gestione della biomassa in tutto il mondo. Soluzioni semplici, efficienti e poco costose esistono, ma ci vuole la volontà politica per farle partire e funzionare. La maggior parte di queste tecniche sono attualmente respinte, o semplicemente fuorilegge.

Un programma mondiale di gestione della biomassa costerebbe meno di quanto si spende per costruire canali di irrigazione, dighe, l'approvvigionamento idrico, le reti di convogliamento e i sistemi di trattamento delle acque reflue. Uno spostamento politico verso tecniche di rigenerazione dell'ecosistema e di prevenzione dei problemi alla fonte tirerebbe il mondo fuori dai suoi problemi di acqua in meno di due generazioni (circa 50 anni) e ridurrebbe di conseguenza il cambiamento climatico.

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